Città metropolitana

Coltivare la Memoria: Liberazione, battaglie partigiane e stragi naziste

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lunedì 25 Aprile 2022

Secondo appuntamento con “Coltivare la Memoria”. Vi portiamo a conoscere l’organizzazione della Resistenza in provincia di Firenze, la battaglia di Valibona, la strage del Padule di Fucecchio e non solo.


Secondo appuntamento con “Coltivare la Memoria”. Vi portiamo a conoscere l’organizzazione della Resistenza in provincia di Firenze, la battaglia di Valibona, la strage del Padule di Fucecchio e non solo.

Pieve di Sant’Andrea a Cercìna e cappella di San Jacopo a Ceppeto nel comune di Sesto Fiorentino, Cerreto Maggio in quello di Vaglia. Questa è la zona dove si costituì, nell’autunno del 1943, uno dei primi agglomerati di sbandati che puntavano ad organizzare una resistenza armata. Proprio a Ceppeto il 15 ottobre 1943 ci fu il primissimo scontro armato, non una battaglia su larga scala, con molti uomini in campo, come fu per esempio quella di Valibona, dove circa 150 tra fascisti e carabinieri di supporto accerchiarono 17 partigiani. Alla cappella morirono Giovanni Checcucci, il primo caduto della Resistenza fiorentina, ed un milite repubblichino della Banda Carità.

Luogo importante della Resistenza locale fu sicuramente Monte Giovi. Qua interi paesi, come per esempio Acone, offrirono spontaneamente rifugio e collaborazione, che non venne mai meno anche quando dovettero subire la vendetta nazifascista come a Padulivo e Pievecchia.
Durante l’occupazione nazifascista la Toscana fu uno dei territori maggiormente colpiti dagli eccidi, concentrati soprattutto nel periodo delle grandi operazioni di rastrellamento (verso l’aprile del 1944) e in quello del passaggio del fronte tra il luglio e l’agosto dello stesso anno. In quest’ultimo periodo i tedeschi misero in atto una vera e propria “ritirata aggressiva” con l’obiettivo di controllare la zona appenninica tosco-emiliana. Non a caso lì fu istituita la Linea Gotica, di cui parleremo nel prossimo appuntamento di “Coltivare la Memoria”.
C’erano sostanzialmente due tipologie di stragi di civili: quelle dovute ad una rappresaglia, una minima parte, e quelle (maggioritarie, spesso anche preventive) per spezzare il legame solidale tra la popolazione rurale civile ed i vari gruppi partigiani.
L’uccisione di un fascista quasi sempre portava a rappresaglie. Ci fu un caso a Firenze, però, che fortunatamente non ebbe questo tipo di conseguenza grazie all’intervento dei familiari della persona uccisa. Si tratta dell’attentato mortale ai danni di Giovanni Gentile da parte dei Gruppi di Azione Patriottica e, nello specifico, da Bruno Fanciullacci. Il filosofo nei giorni precedenti l’attentato aveva ricevuto una cartolina anonima che lo accusava di essere, in quanto esponente fascista, responsabile della fucilazione di cinque renitenti alla leva presso la torre di Maratona dello stadio “Giovanni Berta”, oggi “Artemio Franchi”, avvenuta il 22 marzo 1944.

Ogni anno l’11 agosto Firenze celebra la propria Liberazione, giunta nel 1944 all’indomani di quella insurrezione nota anche come “Battaglia di Firenze”. Durante i giorni di combattimento caddero tanti valorosi giovani. Il comandante della Divisione Garibaldina “Arno”, Aligi Barducci, detto “Potente”, per esempio, morì in ospedale a Greve in Chianti dopo essere stato ferito da un colpo di mortaio sparato dai tedeschi che colpì il Distretto militare di piazza Santo Spirito.
La Battaglia di Firenze, però, fu molto nota anche per gli ultimi baluardi fascisti, i franchi tiratori, una struttura creata dal segretario del Partito Fascista Repubblicano, Alessandro Pavolini. Veri e propri cecchini che sparavano dai tetti della città, spesso dei ragazzini poco più che quindicenni, come ricordò Curzio Malaparte.
A cura di Marco Gargini

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