Città metropolitana, firenze

Coltivare la Memoria: foibe, esodo e accoglienza a Firenze

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venerdì 21 Ottobre 2022

Quarto appuntamento con l’approfondimento sulla seconda guerra mondiale nel nostro territorio. Stavolta parliamo di fiumani, istriani, giuliani e dalmati che furono italiani due volte: per nascita e per scelta. Molti, nel secondo dopoguerra, ripararono a Firenze e qui iniziarono una nuova vita.

Per comprendere a fondo il tema di questa puntata di “Coltivare la Memoria”, il progetto nato in collaborazione con la Città metropolitana di Firenze, è necessario addentrarsi nel contesto storico in cui si inserisce.

Non ci fu, però, un esodo delle popolazioni slave.

Tito, come asserito da Oliva nella sua intervista, comprese che la Jugoslavia era una “invenzione” nata alla fine della Grande Guerra, e capì che, per unirsi, le varie popolazioni slave necessitavano di un nemico comune: l’Italia e soprattutto gli italiani presenti in quelle terre. Tito puntò a slavizzare i territori all’epoca italiani mettendo la sua bandiera: non a caso, per esempio, i titini arrivarono prima a Trieste, il primo maggio 1945, e soltanto il 9 maggio a Lubiana, città che da liberata sarebbe tornata sotto la Jugoslavia. A Trieste le autorità amministrative vennero nominate tra gli slavi e si impose l’uso esclusivo delle lingue slovena e croata per circa 40 giorni.

Non è ancora chiaro il numero preciso delle vittime.

Gli esuli dal confine orientale furono circa 300.000, circa l’80% della comunità. A Pola, per esempio, soprattutto dopo la strage di Vergarolla del 18 agosto 1946 circa il 95% della popolazione fu costretto ad attraversare l’Adriatico, usando anche la famosa nave “Toscana”, ed a raggiungere un Paese povero, devastato dalla guerra. Anche per questo motivo spesso e volentieri gli esuli non erano ben visti, oltre ad essere stati erroneamente bollati tutti come fascisti. Firenze giocò un ruolo chiave nell’accoglienza.

Il legame tra Firenze e l’Istria non fu solo dovuto all’accoglienza. Tra le varie figure fiorentine sul confine orientale, infatti, ce ne furono in particolare due che entrarono nella storia per aver fatto scorrere del sangue. L’ufficiale della Sipo (Polizia di sicurezza tedesca) di Pola Ottone Niccolini, ucciso in un agguato proprio nella città dell’Arena, e l’insegnante Maria Pasquinelli, aderente al Partito Fascista Repubblicano, che il 10 febbraio 1947, giorno della firma del Trattato di Pace a Parigi, uccise il generale Robert de Winton, massima autorità alleata a Pola, come atto di protesta per l’assegnazione della città alla Jugoslavia.

Con il Trattato di Pace tra l’Italia e le potenze alleate, vincitrici della seconda guerra mondiale, la neonata Repubblica Italiana dovette rinunciare, tra le varie località, a gran parte del confine orientale, tra cui a buona parte dell’Istria, alla Dalmazia, alle isole, a città come Zara e Fiume e non solo, passati all’allora Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia. Fu istituito il Territorio Libero di Trieste ed il 5 ottobre 1954, con il Memorandum d’intesa di Londra, Italia e Jugoslavia si spartirono provvisoriamente il Territorio, con la Zona A sotto l’amministrazione civile italiana e la Zona B, che comprendeva tra le altre Capodistria, Pirano e Umago, sotto quella jugoslava. Il trattato di Osimo del 10 novembre 1975 concluse la fase storica iniziata nel 1947 con il Trattato di Pace e fissò in maniera definitiva i confini tra l’Italia e l’allora Jugoslavia. Con la legge 92 del 2004 è stato istituito il Giorno del Ricordo che si celebra il 10 febbraio di ogni anno.

Foibe, esodo, accoglienza degli esuli: parole per decenni sprofondate nell’oblio. Secondo lo storico Oliva, il silenzio su questa parte di storia fu dovuto a tre motivi: la rottura tra Tito e Stalin nel 1948 che spinse il blocco occidentale a stabilire rapporti meno tesi con la Jugoslavia in funzione antisovietica; cause politiche con il Partito Comunista Italiano che non voleva evidenziare le proprie contraddizioni sulla vicenda e le proprie subordinazioni alla volontà del comunismo internazionale; il silenzio di Stato dovuto alla normalizzazione dei rapporti tra Jugoslavia e Italia negli anni Sessanta.

Ai seguenti link sono disponibili le interviste complete:
– Gianni Oliva (storico) https://youtu.be/iFVSh4HF9YQ;
– Claudio Bronzin (esule di Pola) https://youtu.be/09Tkn_8kFAM;
– Silva Rusich (figlia di esuli istriani) https://youtu.be/QQfRmTgSjVM;
– Daniela Velli (Associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia – comitato di Firenze) https://youtu.be/4OGYvBxeY6;
– Letizia Perini (consigliera metropolitana delegata alla Cultura) https://youtu.be/WeaOBaiXb9o.

A cura di Marco Gargini

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